Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 1600), è senz’altro il filosofo più significativo del suo tempo. A causa delle sue posizioni assai personali in materia religiosa, panteiste e universaliste, che lo ponevano in urto sia con la gerarchia cattolica che con le chiese riformate, fu costretto ad una vita errabonda per tutta l’Europa, fino a che, accusato di eresia a Venezia, venne portato a Roma e lì arso come eretico. 

L’originale modo di Giordano Bruno di concepire e praticare la conoscenza è al centro delle più grandi ricerche. Tale interesse per comprendere a fondo la filosofia di Giordano Bruno ha una causa precisa: si tratta di verificare o smentire o semplicemente precisare, il rivoluzionario paradigma interpretativo (Bruno come mago ermetico) introdotto nel 1964 dall’inglese Francis Amelia Yates. La questione che certo non può risolversi con l’accertamento storico dell’utilizzo da parte del filosofo di determinate immagini, per quanto demoniache esse siano, ma deve ovviamente essere basato su una ricostruzione complessiva del suo processo di pensiero, che inizia con l’oscuro neoplatonismo, e culmina con la salda visione nuova del più rigoroso e fecondo naturalismo.

Le prime parole che Giordano Bruno pronunzia davanti al Tribunale della Santa Inquisizione, la prima volta che vi compare a Venezia, incominciando quella terribile via crucis, che va dal 22 maggio 1592 al 17 febbraio 1600, sono: Io dirò la verità.

Si riporta il testo originale dell’Inquisizione: Coram “Illustrissimis et Reverendissimis dominis Ludovico Taberna Nunzio Apostolico, Laurentio Priolo, Patriarca Veneratium et multum Reverendo Padre Magistro Jo Gabriele de Salutiis Inquisitore, conductus quidam vir, comunis staturae, cum barba castanea, aetatis et aspectu annorum quadraginta circiter, cui delato iuramento de veritate dicenda, qui tactis scripturis iuravit…. Et dum moneretur ad dicendam veritatem, antequam ulterius interrogaretur, divit ex se: Io dirò la verità.

Al cospetto degli Illustrissimi e Reverendissimi Signori Ludovico Taberna Nunzio Apostolico, Laurenzio Priolo, Venerabile Patriarca e al R.mo Padre Magistro Jo Gabriele de Salutiis Inquisitore, un certo uomo, di statura comune, con barba castana, con l’aspetto di circa quarant’anni, è stato portato a chi è stato prestato giuramento di verità, che ha giurato toccando le scritture…. E mentre veniva ammonito a dire la verità, prima di essere ulteriormente interrogato, parlava tra sé dicendo: Io dirò la verità.

L’introduzione che fece Giordano Bruno nel Tribunale della Santa Inquisizione – testo originale – “Io ho nome Giordano, della famiglia di Bruni, della città di Nola, vicina a Napoli dodici miglia, nato e allevato in quella città. La professione mia è stata ed è di lettere e d’ogni scienza. Mio padre aveva nome Giovanni e mia madre Fraulissa Savolina, e la professione di mio padre soldato, il quale è morto, insieme anco con mia madre… E nacqui, per quanto ho inteso dalli miei, nell’anno 48 (1548). E sono stato in Napoli a imparare de humanità, logica e dialettica, sino a 14 anni: e solevo sentir privatamente la logica da un padre agostiniano chiamato Fra Theofilo da Vairano, che dopo lesse la metafisica in Roma. De 14 anni o 15 in circa pigliai l’abito di S. Domenico nel Monastero di S. Domenico in Napoli, e fui vestito da un padre che era allor Prior di quel Convento, nominato Maestro Ambrosio Pasqua; e finito l’anno della probazione fui ammesso da lui medesimo alla professione (1564), la qual feci solennemente nel medesimo Convento, e non credo che altri allora facesse professione se non un converso; e dopo fui promosso alli ordini sacri e al sacerdozio alli tempi debiti (1572); e cantai la mia prima messa in Campagna, città del medesimo Regno, lontana da Napoli; stando allora in un convento del medesimo ordine sotto il titolo di S. Bartholomeo e continuai in questo abito della religione di S. Domenico celebrando messa e li divini offici sotto l’obbedienza de’ superiori dell’istessa religione e delli Priori de’ monasteri e conventi dove son stato sin l’anno del 76 (1576), che fu l’anno seguente dopo l’anno del Giubileo, che trovandomi in Roma nel convento della Minerva sotto la obbedienza del Maestro Sisto De Luca, procurator dell’ordine, dove ero andato a presentarmi, perché a Napoli ero stato processato due volte ecc…….”

Lo sforzo delle ricerche di numerosi studiosi è stato quindi, e giustamente, quello di un approfondimento teorico e specifico; tralasciando gli aspetti storici della vicenda del filosofo, alcuni dei quali ancora molto misteriosi, e programmaticamente evitando sia un’interpretazione sintetica (un nuovo paradigma) sia gli aspetti più legati alla straordinaria psicologia del personaggio, si è cercato, semplicemente, di capirne più a fondo la sua dottrina, espressamente sulla problematica psicologica, in cui si propone un modello completo della mente, oltre che una giustificazione dei suoi straordinari e “magici” poteri. Il fatto è però che Giordano Bruno, oltre a fare del rapporto visualità-pensiero un tema fondamentale della sua speculazione, produce una grande quantità di opere: parecchie centinaia fra illustrazioni scientifiche, costruzioni geometriche, diagrammi mnemonici, schemi combinatori, enigmi ed archetipi vari.